Nei primi due decenni del XXI secolo il mercato del lavoro è più complesso e articolato di quello conosciuto dalle economie occidentali nel secolo scorso dove le relazioni causa-effetto tra le variabili macroeconomiche sono meno meccanicistiche rispetto al passato. Un passato dove l’impianto teorico di riferimento spiegava vecchie dinamiche legate alla “Great Moderation” e dove i cicli economici erano più lunghi e stabili.
Oggi tutto è cambiato. La complessità del mercato del lavoro dell’inizio del nuovo millennio ha determinato un perdurare mismatch domanda/offerta, tra profili professionali richiesti dalle imprese e la capacità/incapacità della “rete” dell’istruzione tecnica, superiore e universitaria a creare profili adeguati (sia quantitativamente che qualitativamente) alle nuove esigente dell’economia. Una negativa performance, quest’ultima, che non deriva esclusivamente dall’incapacità di fornire i profili richiesti soprattutto dalle imprese 4.0 per la transizione green e digitale quanto, ma anche e soprattutto dal cambiamento dell’offerta di lavoro in Italia.
Dalle riflessioni teoriche e le evidenze empiriche contenute nel paper, si giunge a individuare quattro indicazioni di ordine generale: primo, la teoria economica non è una scienza esatta e non ha valenza universale (e per tutti i periodi storici) e il solo ricorso alla matematica o a modelli econometrici, pur importanti, non la rende una disciplina propriamente scientifica, come la fisica o la chimica; secondo, nell’economia del XXI secolo il mercato del lavoro è di una complessità tale che risulta difficile e approssimativo della realtà imbrigliarlo in “leggi” rigide e meccanicistiche in particolare in un periodo dove il paradigma della “Great Moderation” con stabilità della crescita e bassi tassi di inflazione e dei tassi di interesse si è profondamente modificato; terzo, le analisi finalizzate allo studio dei mutamenti del mercato del lavoro devono essere necessariamente dinamiche e non statiche e devono contemplare contemporaneamente mutamenti sia dal lato della domanda che dell’offerta; quarto, negli ultimi anni si sono rilevate sempre più importati nel determinare l’ingresso nel mercato del lavoro dei lavoratori, soprattutto giovani, ovvero la loro permanenza, non solo le componenti legate al livello dei salari nelle scelte dei lavoratori quanto anche componenti extrasalariali, come l’ambiente di lavoro, la flessibilità dell’orario, la possibilità di poter lavorare da casa (smart working), il welfare aziendale, etc. oltre a componenti di natura demografica (inverno demografico e invecchiamento della popolazione), psicologica (quiet quitting e burnout) e comportamentale (great resignation).
L’insieme di questi fenomeni di natura demografica, culturale, psicologica e di nuova organizzazione del lavoro ha dato vita negli ultimi dieci anni a ciò che noi abbiamo definito la “grande trasformazione” del mercato del lavoro e la “metamorfosi” del capitale umano, dove si è affermata la necessità dell’interdisciplinarietà tra economia, psicologia e scienze comportamentali, ormai indispensabile per interpretare i fenomeni che caratterizzano il mercato del lavoro contemporaneo.
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