Il lavoro, presentato all'Accademia Nazionale dei Lincei il 9 aprile 2003, si incentra sulla analisi dei cosiddetti "pilastri dello sviluppo industriale", cioè su quelle grandi imprese, che per dimensione, organizzazione, ruolo storico hanno trainato e formato le "tendenze industriali del Paese", per usare la dizione di Marshall.
Dopo una sintetica presentazione degli sviluppi storici del capitalismo italiano, dalla fase pre-unitaria al dopoguerra, si analizza il ruolo delle grandi imprese private, in un contesto regolatorio, in cui l'impresa pubblica (ed in particolare l'IRI) e banche pubbliche ( ed in particolare le banche controllate direttamente o tramite l'IRI dallo Stato) svolgono le funzioni di perni regolatori del sistema produttivo di un paese Lo stretto legame fra un ampio spettro di imprese e banche pubbliche e un nucleo ristretto di grandi imprese private determina le condizioni per un rapido sviluppo postbellico, che tuttavia si esaurisce negli anni settanta con la fine del lungo ciclo della produzione di massa rivolta al mercato nazionale.
Al margine di questo nucleo si sviluppa così un vasto sistema di piccole imprese locali, che tuttavia si orientano direttamente al mercato internazionale. La fase di integrazione europea, con la creazione dell'Euro, in un contesto di globalizzazione, obbliga il paese a ridisegnare i suoi perni di regolazione: la privatizzazione dell'IRI e delle grandi banche lascia in evidenza un numero di grandi imprese italiane, che tuttavia risultano nel contesto globale solo operatori marginali, segnati da tre caratteri: controllo familiare, bassa tecnologia, ridotta dimensione.
Si apre così una nuova fase, in cui il sistema industriale italiano dovrà riposizionarsi nell'ambito europeo per poter partecipare attivamente alla ridefinizione dei nuovi perni regolatori di un sistema industriale europeo, che possa avere sicuri pilastri per lo sviluppo.
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